Carə camposanter,
i cimiteri che mi chiedete sempre di raccontare nel mio podcast “Camposanto” sono sempre gli stessi tre: il Monumentale di Milano, il Verano di Roma e lo Staglieno di Genova.
Il primo l’ho raccontato nel mio libro “Immemòriam”, il secondo in una puntata molto apprezzata del podcast, e il terzo… beh, del terzo ho parlato sia nel libro che (brevemente) nel podcast, eppure è quello che continuate a chiedermi!
Distrattonə che non siete altro. 💙
Potevo forse ignorare questo insopprimibile bisogno di Staglieno? No, perché vi capisco perfettamente, anche per me non è MAI abbastanza! Ecco perché ho scritto ben DUE puntate solo per lui. (In realtà era una puntata sola ma, come prevedibile, di lunghezza ingestibile).
Il cimitero Staglieno rientra nella categoria dei campisanti eccezionalmente articolati e complessi, che sono in grado di lasciare chiunque senza parole. Non solo per le meravigliose statue funebri dei notabili cittadini dei quali ho osservato i dettagli perfetti ed elaborati, ma anche – e soprattutto – per le storie sconosciute e dimenticate.
Quando si parla dello Staglieno, secondo me non è esatto affermare semplicemente che lo esploriamo. Dobbiamo piuttosto dire che veniamo inglobati da questo luogo magico e a tratti inquietante, che ne respiriamo l’atmosfera cupa e decadente che ci attira in una rete come un ragno nella sua tela. Passeggiando per i lunghi porticati del cimitero e seguendo il cammino indicato dalle grandi statue accigliate e coperte di polvere, ci troviamo accanto a spiriti evanescenti che ci guardano negli occhi impedendoci di distogliere lo sguardo. Uscire dallo Staglieno è un’impresa che va oltre l’atto fisico di attraversare un cancello. Non per niente, se Ernest Hemingway l’ha definito una delle meraviglie del mondo un motivo ci sarà, no?
Comunque, dicevo, è dall’eccezionalità delle vite “quotidiane” che io mi faccio ammaliare. E nelle ultime due puntate di Camposanto, ho deciso di raccontarvi proprio due di queste breve brevissime vite, che ho scoperto quando il mio istinto mi ha portato davanti a due strane statue che si trovano nel boschetto irregolare del cimitero, quello che si deve attraversare quando si cerca la tomba di Giuseppe Mazzini.
Tra le ombre fresche e misteriose che si muovono su queste pietre remote, ho incontrato Entella e Italino, due bambini morti cento anni fa, in circostanze tragiche e spaventose.
Le loro statue funebri eccezionalmente espressive mi hanno raccontato qualche dettaglio, ma per ricostruire proprio tutta la loro storia (e sfatare qualche mito tramandato negli anni), ho dovuto infilarmi tra la polvere di atti di nascita (e morte) e di microfilm. (Come se mi dispiacesse)
Il loro triste destino mi ha lasciato davvero attonita.
Potete ascoltare le puntate cliccando sui player qui sotto, oppure direttamente dal mio account. Per le foto delle tombe di Entella e Italino, vi invito a seguirmi su Instagram (dove troverete moltissimo altro materiale sui cimiteri che esploro).
La storia di Entella Contini:
La storia di Italino Iacomelli:
Presentazione di Dinastia: 11 febbraio ore 20:45 a Porcia (PN)
Si ricomincia con le presentazioni, siete contentə?
Martedì 11 febbraio alle 20:45, vi aspetto alla birreria Naon Beer di Porcia (PN), per una presentazione di “Dinastia” organizzata dalla libreria Baobab!
Tutte le info qui sotto! Ci divertiremo! 🍻
(Secondo voi lo devo dire a quelli della birreria che io non bevo?)
A presto con altre nuove date!
Giulia 💀🤍