Ciao Camposanter, come state?
Non sono sparita, anche se da qualche settimana mi vedete meno sui social.
Cos’è successo? Niente, ma ho definitivamente deciso che non riuscirò mai a comprendere l’algoritmo di Instagram, e mi sono rassegnata a subirne i capricci.
Ma non solo. Nel corso di questa presa di coscienza che ho avuto una sera mentre controllavo le (pochissime) visualizzazioni delle mie storie, mi sono anche accorta che ormai da un bel po’ di tempo stavo vivendo il tutto con una certa apprensione.
[Ve ne avevo già parlato in questo numero della newsletter, ricordate?]
E mi sono detta: ma seriamente? È davvero così importante?
E così ho deciso di fare una prova. Dal giorno successivo, ho iniziato a usare Instagram come mero strumento di lavoro – perché alla fine, parliamoci seriamente, mi serve e mi serve anche parecchio. Ma è cambiato il mio approccio.
Chi mi vede mi vede, non dipende da me, pazienza, troveranno un modo di seguirmi.
È comunque una battaglia persa, capite?
Mi sono autoimposta un tempo massimo di 30 minuti giornalieri di fruizione, ho selezionato un momento della giornata per concentrarmi sul social (quindi non un miliardo di controlli al giorno, ma uno intenso e senza distrazioni), e da quel momento mi sono sentita sollevata da un peso. 😌
La cosa che mi ha particolarmente sorpreso è che fin dal primo minuto, non ho sentito questo detox (che poi non è un detox, io spero che duri per sempre) come una limitazione, anzi. Già nel corso della prima giornata, non mi è mancato per niente, vi confesso che a tratti mi sono dimenticata della sua esistenza (e me ne sono stupita parecchio) e ho diminuito il limite giornaliero a 15 minuti, a volte usandone neanche la metà.
Può sembrare un cliché di quelli che lasciano i social, ma vi assicuro che non lo è: smettendo di usare il telefono nei momenti canonici (attese, noia, cose così), ho iniziato a guardarmi attorno, a osservare le persone e ad ascoltare le loro conversazioni (lo so che non si fa ma è più forte di me).
L’energia che usavo (sprecavo) per analizzare e capire cosa sbagliavo io (e io non sbagliavo niente, adesso lo so) mi è tornata tutta in una volta e ho iniziato a sentirmi immediatamente più lucida e concentrata. Ho lavorato a un sacco di progetti, mi sono venute tante nuove idee e mi sono sentita di nuovo padrona della situazione (ma soprattutto: non padrona di quello che comunque non posso controllare).
[Ho anche ricominciato a fare meditazione, si percepisce?]
Io, onestamente, vi consiglio di provare, soprattutto se – come me – avete bisogno dei social per promuovere il vostro lavoro e spesso cedete alla frustrazione.
Ovviamente c’è un rovescio della medaglia.
Tutta l’energia che ho ritrovato, ha prodotto e sta producendo tante nuove cose.
Cose che avrebbero bisogno della loro giusta promozione.
Dove? Su Instagram.
E secondo voi Instagram mi perdona questa decisione?
Eh no, mi ha detto, ah adesso te ne torni così? Non credere di passarla liscia sai. Se prima avevo deciso di ridurre le tue visualizzazioni, ora ti punirò rendendoti quasi invisibile!
Pazienza, Instagram, fai quello che vuoi. Lasciami in pace. 🖕🏻
Adesso ho più tempo per dedicarmi a questa newsletter, a Camposanto, a visitare cimiteri nuovi e a tutto il resto. E sto troppo bene senza di te.
Quindi non cederò (spero).
Passiamo al resto.
La storia della mia trisnonna Pierina sul Post
La seconda cosa che voglio condividere con voi è veramente importante per me (non che la prima non lo sia, ma questa è diversa).
Avevo già accennato a questa vicenda nel mio libro Dinastia, ma all’epoca non ero ancora riuscita a ricostruire tutto. È stato solo in seguito, continuando a scavare tra archivi, documenti e racconti, che sono riuscita a fare qualche passo avanti e a dare finalmente un senso a un mistero che attraversava la mia storia familiare.
Sto parlando della mia trisnonna Pierina.
La verità è che la sua storia è molto più lunga e complessa di quanto sia riuscita a raccontare nell’articolo: è stato difficile condensarla, scegliere cosa lasciare e cosa omettere, ma sono felice di essere riuscita a darle una forma.
Sono davvero contenta che il mio pezzo sia uscito sul Post: non solo perché è il mio giornale preferito, quello che leggo (e ascolto) ogni giorno, ma anche perché mi sembra di aver fatto un piccolo gesto di giustizia per Pierina, ricostruendo la sua storia e restituendole, quindi, la voce che aveva perso a causa di un sopruso.
Spero che tutte le mie antenate, da qualche parte, siano felici assieme a me. 👭🏻👭🏻👭🏻
(e anche un po’ arrabbiate rispetto a quello che è capitato a Pierina, ma noi lo sappiamo che il tempo è galantuomo e aspettiamo con pazienza).
Camposanto in inglese!
Finalmente, dopo cinque anni e mille ripensamenti, mi sono decisa a proporre qualche puntata del mio podcast anche in inglese. Forse a voi non interessa, dato che mi leggete e ascoltate in italiano, ma ci sono camposanter in tutto il mondo e mi piacerebbe davvero espandere la community! Per ora ho iniziato col cimitero di San Michele, piano piano (si spera, per un episodio in inglese mi ci vuole il triplo del tempo) pubblicherò anche altre puntate. Vedremo! Si ascolta ovunque, come al solito.
Libri belli che ho letto in questo periodo 📚
Un tempo, alla fine della mia newsletter c’era sempre una sezione dedicata ai miei consigli (a volte cimiteriali) letterari. Poi, come il mio solito, me ne sono dimenticata una volta e la rubrica è svanita nel nulla.
Riprendiamola!
“Orbital” di Samantha Harvey
Certamente non devo essere io a parlarvene, dato che questo libro ha vinto il Booker Prize del 2024 quindi di sicuro lo conoscete o l’avete già letto, ma da appassionata di viaggi nello spazio non posso che consigliarvi queste sedici fantasmagoriche orbite attorno alla terra. 🪐💫
PS: vi ho mai detto che ho uno dei miei desideri è quello di andare sulla Luna? E che l’altro è quello di viaggiare nel tempo? Sì, lo so, mentalmente ho otto anni.
”Resta con me, sorella” di Emanuela Canepa
Questa lettura è perfetta come contesto per la storia della mia trisnonna (anche se si svolge dopo la Prima guerra mondiale e Pierina è nata nel 1875). È ambientata a Venezia, in parte nel carcere femminile della Giudecca, e parla, tra le altre cose, di donne e riscatto sociale.
”La parola ai morti” di Philippe Boxho (titolo originale “Les morts ont la parole”)
Le avventure di un medico legale che ci racconta con dovizia di particolari quali scoperte si possono fare osservando e analizzando quello che c’è dentro ai cadaveri. Detto così, sembra disgustoso, ma vi assicuro che è una lettura estremamente interessante – e a tratti anche divertente! La copertina scelta, invece, è veramente disgustosa e mi triggera malissimo ogni volta.
Concludo dicendo una cosa che provocherà IRE E ANATEMI – e la scrivo in piccolo così magari la vedete di meno e non venite a cercarmi sotto casa. Recentemente ho anche riprovato a leggere Sally Rooney e Shirley Jackson e per me continuano a confermarsi un grosso no. Spiegatemele perché io forse non capisco.
Comunque, se malgrado tutto il mio sproloquio iniziale, volete seguirmi su Instagram, sapete dove trovarmi. Come dicevo, rimane e rimarrà l’unico luogo in cui pubblicherò video e foto delle mie esplorazioni cimiteriali. Non se ne scampa!
Ci sentiamo presto!
Giulia 💙
Anche io vorrei iniziare a meditare, o meglio, ci ho provato ma credo di stare sbagliando qualcosa!!!
Il mio detox da IG invece sembra ancora un miraggio, ci perdo le ore senza nemmeno accorgermene... e nemmeno lo uso per lavoro!
Ciao Giulia, bellissimo il lavoro che fai e come lo racconti. Di una cosa sono curiosa: hai sempre avuto questa consapevolezza della necessità di coltivare attivamente la memoria? Non eri come tutti una bambina che sentiva le storie delle nonne senza ascoltarle? Hai sempre avuto queste attenzione o è una passione nata dopo?